Purgatorio
L’Arzino, ovvero uno dei torrenti più amati e affascinanti del Friuli: le letture si ambientano in uno dei sui tratti più suggestivi, le cascatelle che gorgogliano nel suo tratto più a monte, a poca distanza dalla sorgente.
I Canti
Cant0 VI
Come il vincitore del giuoco della zara è circondato da una turba che desidera doni e mance, così Dante è fatto segno alle richieste incalzanti di tutti gli spiriti dei morti di morte violenta, che lo pregano di ottener loro suffragi. Leggi tutto
Ahi serva Italia, di daolore ostello, Egli invita sarcasticamente l’Italia a cercare in ogni zolla di terra, in ogni lembo di marina un solo cantuccio di pace e di serenità; poi deplora la sterilità delle leggi di Giustiniano, l’inframmettenza degli ecclesiastici che pongono ostacolo al libero svolgimento dell’autorità imperiale, apostrofa il Cesare tedesco Alberto d’Austria, imprecando sulla sua discendenza, per l’abbandono in cui egli e i suoi padri hanno lasciato il giardino dell’impero; e lo invita con tragica ironia a venir a vedere i suoi cortigiani Ghibellini, incalzati da iatture e pericoli, e la sua Roma vedova e soletta, e i dissensi delle fazioni. E l’apostrofe nella concitazione assurge fino al Cristo, a cui Dante chiede se l’alto e divino sguardo sia distolto dalla terra per qualche colpa degli umani o per qualche mistero della predestinazione. Chè le terre d’Italia tutte piene
E si avvicendano fra essi Benincasa d’ Arezzo, spento da Ghino di Tacco, e Federico Novello, e Farinata di Pisa che fece “parer forte il buon Marzucco”, e Orso degli Alberti, e Pier dalla Broccia, vittima in vita dell’invidia altrui . Dante, ricordando che Virgilio in un luogo dell’Eneide ha negato L’efficacia della preghiera, prega il maestro di risolvergli l’apparente contraddizione; e Virgilio risponde che l’altezza del giudizio divino non rimette nulla del suo rigore per il fatto che l’ardore di carità dei viventi traduca in atto in un solo momento quell’espiazione che costerebbe molto tempo alle anime senza di questo aiuto. La preghiera è inefficace solo quando è disgiunta dal vero Dio. Però,per ulteriori schiarimenti della questione, rimanda il suo alunno a Beatrice. A questo nome, Dante prega il suo duce d’accelerare il, passo, sperando di poter arrivare nel termine dello stesso giorno alla cima del monte; ma Virgilio lo disinganna. Indi gli addita un’anima che se ne sta in disparte altera e disdegnosa come un leone posato, veneranda nel muover egli occhi. Virgilio si dirige alla volta di essa chiedendole la via della più agevole salita; ed essa, prima di rispondere, domanda conto ai due poeti del loro paese e della loro condizione; e, appena Virgilio ha proferito il nome di Mantova, lo spirito, dandosi a conoscere per Sordello della sua terra, lo abbraccia in dolce e commovente atteggiamento di patria carità. Alla vjsta di quell’amplesso ispirato a sentimento patriottico nell’oltretomba, Dante pensa con aspro rimpianto alle discordie intestine che dilaniano gli Italiani in terra; e prorompe in un’invettiva sublime.
Nave senza nocchiero io gran tempesta,
Non donna di province, ma bordello!
Quell’anima gentil fu cosi presta,
Sol per lo dolce suon della sua terra,
Di fare al cittadin suo quivi festa;
Ed ora in te non stanno senza guerra
Li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
Di quei che un muro ed una fossa serra.
Son di tiranni, ed un Marce! diventa
Ogni villan che parteggiando viene.
E, lanciata un’ultima invettiva alla febbre d’immodici onori, si volge direttamente, sempre con avvelenata ironia, a Firenze, insigne per l’arroganza, per l’ambizione sfrenata, per la volubilità negli ordinamenti civili; e la confronta, per la saviezza legislativa, alle repubbliche d’Atene e di Sparta; e finisce, lasciata l’ironia, per raffigurarla all’inferma, che cerca vanamente un sollievo ai suoi mali, volgendosi qua e là sulle coltri.
Cant0 XVII
I due poeti, usciti dal fumo che avvolge gli iracondi, rivedono il sole già presso al tramonto. All’imaginazione di Dante occorrono per particolare disposizione divina nuove visioni: esempi d’iracondia punita. Leggi tutto
Ecco che gli si rappresenta la crudeltà della mitica donna trasformata in usignuolo; e, subito dopo, il viso torvo e truce di Amano, crocifisso, intorno a cui stanno Assuero con Ester sua sposa e l’integro Mardocheo. Segue poi l’esempio dell’iraconda regina Amata a cui la figlia Lavinia rinfaccia la sterile inanità dell’ira disperata, che l’ha tratta al suicidio . Dileguate le visioni per un bagliore che gli percuote il volto, il poeta si volge per orientarsi e ode la voce dell’angelo e cerca di guardarlo, ma resta abbacinato. L’angelo invita i due pellegrini a salire; e Virgilio, mettendo in evidenza la fine e alta carità della celeste creatura, esorta il suo alunno ad assecondare col passo l’invito. Giunti al primo grado della scala, Dante si sente ventar dal viso un altro P, mentre gli percote l’orecchio il canto angelico del “Beati pacifici”. Sono circa le sei della sera; nel salire la scala che mette al quarto girone, Dante attende se oda qualche cosa di nuovo; poi si rivolge al maestro per chiedergli quale peccato si sconti in questa sede. Virgilio gli risponde che in questo girone stanno gli accidiosi ; poi, per meglio soddisfare il suo alunno, gli espone in generale la dottrina dell’amore che ha ispirato l’ordinamento morale del Purgatorio. “Tanto il creatore quanto le creature sono soggette alla legge d’amore. L’amore può essere. naturale o d’animo. La prima forma non può peccare ; la seconda può peccare volgendosi a mal obietto, o amando troppo o troppo poco il Bene. Non potendo l’Amore torcere il viso dal subietto stesso che ama, non potendo il subietto amante odiare il Primo indisgiungibile, cioè Dio, il mal obietto deve assolutamente ridursi all’odio del prossimo. Ora il prossimo si può odiare in tre modi: sperando eccellenza dalla soppressione del vicino, cioè per superbia; attristandosi per il salire degli altri, cioè per invidia; agognando a vendicarsi delle offese, cioè per iracondia. – Quanto all’amore del bene con falsa misura, se l’animo è troppo tiepido e lento a conoscere il sommo Bene e a conseguirlo, si cade nell’accidia, ch’è appunto scontata nel quarto girone ; se l’animo corre con soverchia foga nei beni secondi, si cade in tre altri vizi, che si sconteranno nei giorni successivi. , E Virgilio li lascia indovinare a Dante.
Cant0 XVIII
Dante, compreso da nuovo dubbio, esita a palesarlo, temendo di dar noia al maestro; ma Virgilio gli offre quasi un invito a parlare; e allora egli domanda chiarimenti e notizie intorno a questo amore “sementa d’ogni virtute e d’ogni peccato”.Leggi tutto
“L’animo, risponde Virgilio, disposto per natura ad amare, è pronto a volgersi a ciò che lo diletta. L’obietto reale esterno offre l’imagine alla facoltà intellettiva, la quale svolge questa imagine dentro all’animo e lo stimola in questa direzione; il protendersi dell’animo verso l’imagine è l’amore naturale. Ora l’animo così preso, entra in desiderio ardente della cosa amata ; e questo è movimento spirituale. Di qui s’intende non essere laudabile .ogni amore per se stesso, ma solo a seconda dell’atto, a cui la materia d’amore s’informa. , Da questa dottrina nasce in Dante un altro dubbio; poich , se l’obietto reale estrinseco determina coi suoi impulsi il movimento dell’animo, pare soppresso l’arbitrio, e quindi il merito. Virgilio, facendo una riserva sull’aspetto teologico della questione, che sarà di spettanza di Beatrice, così risolve il dubbio del suo alunno: “L’anima ha in sé una virtù specifica; che si dimostra solo negli atti. Le prime nozioni come i primi appetiti sono istintivi ; e quindi non sono materia di merito né di demerito. Ma nell’animo è anche ingenita un’altra facoltà che misura le varie volontà coll’istinto e che vigila l’elezione e l’assenso. Questa facoltà è l’arbitrio libero, donde scaturisce indistruttibile la vita morale”, è mezzanotte; e Dante, soddisfatto dalle spiegazioni del maestro, si lascia alquanto vincere dalla stanchezza e dal sonno. Senonché la sonnolenza gli è tolta da una schiera che sta dietro ai due poeti e tende a raggiungerli. Vengono a corsa gli spiriti degli accidiosi, gridando esempi di sollecitudine. Il primo è il grido: “Maria corse con fretta alla montagna”; e il secondo: “Cesare con fulminea velocità punse Marsiglia e poi corse in Ispagna”, Seguono reciproci incuoramenti a correre, e a non perdere ora il tempo per la purificazione. Virgilio chiede a quelle ombre ove sia la scala per salire al quinto girone; e una di esse invita i due poeti a seguirle (poiché esse non possono perder tempo a intrattenersi) fino alla fenditura del monte, ove sorge la scala. L’ombra si dà a conoscere per l’abate di San Zeno a Verona ai tempi del Barbarossa, e predice che presto un tale piangerà nell’Inferno per il monastero di Verona, per l’autorità in questo esercitata, e per avervi preposto un figliuolo bastardo. Mentre Dante si sofferma pensoso, Virgilio gli addita le ultime due anime che gridano esempi d’accidia punita: l’esempio degli Ebrei che per il tedio del cammino non seguirono Mosè e perirono nel deserto; e quello dei compagni d’Enea che per scansare i pericoli si soffermarono in Sicilia. – Dileguate le ombre, Dante, dominato dai pensieri, si addormenta.
Cant0 XXI
Mentre Dante procede, travagliato dai suoi dubbi e spronato dalla fretta, ecco che gli appare un’ombra la quale saluta cortesemente i due poeti, augurando loro la pace. Virgilio le rende il saluto e confessa che a lui certo non spetterà il paradiso; Leggi tutto
e l’ombra credendo che queste parole si riferiscano anche a Dante, ne fa le grandi meraviglie. Ma Virgilio spiega bene la missione sua e del suo alunno, e l’ispirazione del mistico pellegrinaggio; e poi domanda la cagione del terremoto e del canto concorde delle anime. L’ombra risponde col dire che qui il terremoto non è fuori dal sacro regolamento del monte. In questo luogo tutte le novità che qui accadono dipendono solamente da ciò che il cielo da sè in sè riceve; né vi può aver sede alcuna delle perturbazioni consuete degli elementi, alcuna delle vicissitudini atmosferiche. Il tremore avviene qui soltanto allorché si sente qualche anima purificata che debba salire; e il canto del “Gloria in excelsis Deo” asseconda il terremoto. Questa volontà che l’anima prova di protendersi al cielo è l’unico indizio della purificazione compiuta. Prima della purificazione, l’anima, sebbene abbia la volontà di salire, non lascia il talento della sofferenza e della pena, conformemente alla disposizione della divina giustizia. Ora Stazio, dopo cinquecent’anni e più di tormenti nel quinto girone, ha. sentito la volontà libera di una soglia migliore. – Virgilio s dichiara soddisfatto per sé e per il suo alunno; ma invita l’ombra a dar conto di sé e del lungo indugio nel quinto girone. Lo spirito si dà a conoscere per Stazio, tratto da Tolosa a Roma per la dolcezza del suo canto, ai tempi di Tito, e incoronato di mirto per poetica gloria. Egli ha cantato di Tebe e del grande Achille, lasciando incompiuto per la morte il secondo poema. La sua fonte perenne fu l’Eneide, senza la scorta della quale egli non tradusse in atto cosa alcuna. E per essere vissuto ai tempi di Virgilio sarebbe contento di stare un anno di più nel Purgatorio. A queste ultime parole di Stazio, il maestro fa cenno con atto del volto all’alunno di tacere; ma Dante non può reprimere un sorriso. Stazio se ne avvede e gliene chiede la ragione; e Dante fra due cure opposte si trova imbarazzato. Senonchè Virgilio lo incuora a parlare e a palesare la verità E allora Dante rivela a Stazio che l’autore dell’Eneide è li presente nella persona del maestro venerato. Stazio già si china per abbracciar i piedi del cantore di Enea; ma questi ne lo trattiene ricordandogli che tanto l’uno quanto l’altro sono ormai ombre vane. E Stazio attesta che il suo amore e la sua riverenza sono così intense da fargli trattare le ombre come cosa salda.
Cant0 XXII
I poeti hanno già superato il passo del perdona ; e già l’angelo ha cantato il “Beati qui sitiunt justitiam” , e Dante sempre più leggiero, tien dietro ai due compagni veloci. Virgilio, rivolto a Stazio, gli attesta tutto l’amore ch’egli ha provato per lui, Leggi tutto
Cant0 XXIII
Mentre Dante ha ancora lo sguardo intento al mistico albero, Virgilio lo incuora ad affrettare il passo; ed ecco che si presentano ombre di peccatori che cantano piangendo il salmo “Labia mea, Domine” Leggi tutto
tutta una turba che viene e trapassa, tacita e devota, cogli occhi affossati e senza luce, colla faccia pallida e scarnita fino alla deformazione. Si struggono e si estenuano per l’odore d’un frutto, per la bramosia d’un’acqua. Dante guarda compreso di pietà e di meraviglia, allorchè una di quelle anime, volgendo a lui gli occhi dal profondo della testa, lo raffigura e lo saluta gioiosamente. Dalla voce soltanto il poeta riconosce lo spirito deformato dalla scabbia e dalla magrezza. E’ l’anima di Forese, che invita Dante a render conto di sè e delle sue due guide. Dante, anzichè rispondere, vuol sapere dall’amico il motivo di quel terribile dimagramento di lui e dei suoi consorti di pena E Forese attesta che per divino volere è infusa nell’acqua e nell’albero la virtù distruttrice. A tutte le ombre dei golosi, che qui purgano la loro colpa, accende desiderio di bere e di mangiare, l’odore che spira dai pomi e dalla fresca vena. Esse girano sempre senza tregua, e ogni volta che giungono all’albero si rinnova il supplizio. Ma questo supplizio si risolve in sollazzo, perchè la volontà dei peccatori si conforma alla volontà suprema della giustizia divina. Dante si meraviglia che Forese, che indugiò a pentirsi all’estremo della vita, non sia nell’ Antipurgatorio e l’amico gli risponde che ne lo ha liberato coi pianti, coi sospiri e coi suffragi la vedova sua, la sua Nella, che gli ha anche risparmiato colle sue preci gli altri gironi. E di qui trae occasione per ricordare con accorata tenerezza la Nella tanto più cara a Dio nel buon costume quanto più sola essa è nel praticare la virtù in mezzo alla corruttela; poiché l’impudicizia delle donne fiorentine è tale da disgradare quella delle abitatrici della Barbagia di Sardegna. E verrà un giorno in cui bisognerà ricorrere alle prediche, ai decreti vescovili o alle pene canoniche per far cessare l’usanza scandalosa di andar mostrando le mammelle e il petto; peggio che se si trattasse delle donne dei barbari o dei lussuriosi Saraceni. Quai barbare fûr mai, quai saracine, Cui bisognasse, per farle ir coperte:, O spiritali o altre discipline? Ma presto pagheranno il fio della loro scostumatezza, perché anche su di loro ricadranno i funesti mali, onde sarà straziata la patria. – Dante, invitato nuovamente a dar più ampio conto di sé e del suo viaggio, sorvola sul ricordo dei tristi tempi, in cui era legato d’amicizia a Forese; e passa subito a dar notizie del suo duce, del mistico pellegrinaggio compiuto e della parte di cammino che ancora gli resta da compiere. Addita infine Stazio, come l’ombra per la quale aveva appena scosso ogni pendice il regno del Purgatorio, in segno di congedo.
Estratti da Eugenio Levi, La Divina Commedia esposta al popolo, Sonzogno
Il luogo
Il torrente Arzino, luogo del cuore del Friuli… uno dei rari torrenti integri delle prelati Carniche, che dalle sue due fonti ai piedi del Teglara scorre a tratti placido e a tratti impetuoso fino a gettarsi nel Tagliamento. Abbiamo scelto le sua cascatelle della valle di Preone per ambientare alcune letture del Purgatorio, luogo ambivalente di espiazione e speranza.
Informazioni pratiche:
Generalmente i luoghi delle letture di Dante in Carnia sono facilmente raggiungibili, con parcheggio auto nei pressi. Per i brevi tratti di avvicinamento che possono essere anche dei sentieri con piccoli guadi, vi consigliamo di indossare calzature adeguate e portare con voi dell’acqua e uno snack.
In caso di maltempo l’evento si terrà presso la Baita al Pioniere (344 2502689) che si trova nelle vicinanze.
Ci troveremo al punto di parcheggio circa 10′ prima dell’orario previsto per raccogliere il gruppo; il luogo della lettura è nelle immediate vicinanze.
Come arrivare:
Il punto di lettura è raggiungibile sia da Preone tramite Via Canonica, una stradina vicinale che dal centro del paese attraversa la Valle di Preone fino a Pozzis, oppure da Verzegnis seguendo la SP1 fino a Pozzis dove si imbocca sulla destra la strada che proviene da Preone, oppure da San Daniele tramite la SP5 fino al Tagliamento dove si prosegue sulla SP1 in direzione San Francesco, per giungere a Pozzis ed imboccare sulla sinistra la strada per la Val di Preone.
Il punto di imbocco della strada per le cascatelle a Pozzis si trova all’altezza di un tornante ed è segnalato da appositi cartelli.
Nelle vicinanze:
La vallata di Preone offre uno scenario montano d’altri tempi, con i suoi stavoli sparsi e il panorama sui grandi pascoli del Verzegnis, merita un’escursione. Notevole poi è il Sentiero Naturalistico Paleontologico “Lunas” , un percorso attrezzato e tabellato che illustra la realtà geologica e paleontologica della valle, dove sono stati rinvenuti fossili di estremo interesse.