Paradiso
La Pieve Matrice di San Pietro – antichissimo cuore religioso della Carnia – conclude il nostro percorso di letture, con una piccola ascensione che ci avvicina all’esperienza del Sommo Poeta.
I Canti
Cant0 XXVI
Dante, per l’abbagliamento, teme d’aver perduto il senso- della vista, e Giovanni lo riconforta direndogli che Beatrice ha nei suoi occhi una virtù risanatrice. Inoltre il santo gli chiede dove tenda e aspiri l’anima, comel un ultimo fine. Il poeta riconfortato risponde: “Dio è l’oggetto del mio amore, principio e fine dei piccoli e dei grandi affetti.” “Ma quali sono gli stimoli – rincalza Giovanni j che ti spinsero ad amar Dio?” “La filosofia e l’autorità: Il bene, come talericonosciuto, accende sempre amore di sé, tanto più grande quanto più perfetto quel bene. Ora Dio è il Sommo Bene, di cui gli altri beni non sono che un raggio, e deve quindi essere amato sopra ogni cosa. Dimostrazioni di ciò si fanno specialmente nella Rivelazione del Signore a Mosè e nella Apocalisse.” “Tu dunque per ragione e per autorità ami Dio sopra ogni cosa: ma dimmi se hai ancora altri stimoli a questo amore.” E Dante, che intende l’intenzione segreta dell’esaminatore: “Sì – risponde – mi sono anche stimoli i benefizi di Dio, la magnificenza del creato, la vita ch’Egli mi diede, la morte che sostenne per me, l’eterna beatitudine sperata dai fedeli. Quanto al mio prossimo, io lo amo in proporzione del bene che Dio a lui comunica.” A queste parole i beati intuonano un inno di lode aI Signore, a cui Beatrice si associa. Essa col raggio dei suoi occhi mette in fuga ogni velame degli occhi di Dante, il quale ricupera una vista assai più forte di prima, e stupisce di vedere aggiunta alle tre luci una quarta. Beatrice gli spiega che in questa luce contempla il suo fattore l’anima di Adamo e Dante, dopo essersi inchinato con riverenza al primo Padre antico, lo supplica di soddisfare quel desiderio che certo egli può leggergli nell’animo. La luce manifesta la letizia ch’ella prova nel rispondere al poeta ; indi incomincia: “Certo io conosco il tuo desiderio, poiché lo vedo riflesso in Dio. Tu vuoi udire da me quanto tempo è passato da che il Signore mi pose nel Paradiso terrestre e quanto vi stetti ; e- inoltre vuoi sapere la cagione del disdegno divino, e la lingua che io inventai e parlai. Ora sappi che la cagione dell’Esiglio non fu già l’aver gustato il pomo, ma l’aver trapassato il segno umano. – Nel limbo sono stato 4302 anni, e sulla terra 930. – La lingua ch’io parlai fu tutta spenta prima della confusione babelica ; poiché ogni effetto, che proiene dall’anima razionale si muta, secondo l’appetito degli umani. La favella è un fatto naturale ; ma le varie manifestazioni di essa dipendono dall’umano arbitrio. Prima ch’io scendessi al Limbo, per esempio, Dio in terra si chiamava I, e poi per la continua vicenda delle cose, si chiamò El. – Nel Paradiso Terrestre io stetti peccando sette ore.”
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Cant0 XXVII
Il Paradiso intuona con dolcissima melodia “Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, e Dante se ne inebbria, ed esalta il saldo e incorruttibile bene della vita beata. Leggi tutto
Dalla schiera delle quattro luci esce la prima, quella di Pietro, e, divenendo rutilante, in mezzo al silenzio del beato coro incomicia questa invettiva: “Non meravigliarti se io cambio di colore ; poichè, mentre io parlo, vedrai che tutti questi beati trascoloreranno. Il pontefice, che usurpa in terra la mia sede, ha trasformato il mio cimitero in cloaca di sangue innocente e di turpitudini infami.” Mentre il cielo s’infiamma e Beatrice trasmuta sembianza arrossendo, Pietro procede con voce sempre più alterata: “La Chiesa non fu certo allevata del sangue mio, di Lino e di Cleto, per esser volta a bieche mire di lucro; e i martiri hanno sparso il sangue per il solo fine di questa: eletta Beatitudine. Non era. certo nostra intenzione che il popolo cristiano sedesse parte a destra, parte a sinistra del pontefice né che le sacre chiavi diventassero segnacolo in vessillo di battaglie fraterne ; nè che la, mia effigie sigillasse i privilegi venduti e mendaci della corte pontificia. I pastori si sono trasformati in lupi ; e già papi Caorsini e Guaschi si preparano a godere del patrimonio acquistato col nostro sangue. Mal ‘alta Provvidenza, che già ha soccorso un tempo Roma, sede dell’impero, contro i nemici, apporterà presto rimedio a tanto male ; e tu, o poeta, rivela ai mortali ciò che io qui ti ho rivelato.” Finita l’invettiva, Dante vede tutti i beati che fino ad ora si erano trattenuti presso Beatrice, levarsi per l’etere e tornare all’Empireo.Egli li segue cogli occhi, fino a che per la gran lontananza non li scorge più. Allora Beatrice lo invita ad abbassar gli occhi per misurare i lunghi giri compiuti, ed egli infatti abbraccia con lo sguardo il cammino; e più si estenderebbe il suo sguardo sulla terra, se il sole non procedesse sotto i suoi piedi, separato da lui più di un segno zodiacale. Senonché l’impulso d’amore gli risospinge gli occhi a Beatrice ; e, vedendola cosl bella e ridente, egli s’inebbria. La virtù conferitagli dagli occhi di Beatrice basta-‘a strapparlo dal cielo dei Gemini e a trasportarlo nel Primo Mobile. Essendo tutte le parti di questo cielo μniformi, Dante non sa dire in qual parte della sfera -Beatrice l’abbia posto. Ma ella, vedendo il suo desiderio, così gli dice con ineffabile riso: • Da questo cielo comincia la natura del mondo. Esso non ha altra sede se non la Mente Divina. La luce e l’amore d’un solo cerchio, cioè dell’Empireo, contiene in sè questo cielo, come esso contiene gli altri otto cieli inferiori. Nessuno- misura il movimento di questo cielo, mentre esso misura il moto di tutti gli altri. In questo cielo è la misura del tempo. Ma gli uomini non possono intendere queste cose, poiché hanno lo sguardo troppo affissato alla terra e ai suoi beni. La volontà ben fiorisce negli inizi, ma poi degenera.
Tutta I’umana famiglia si svia perché manca in terra chi governi. Ma “anzi mill’anni” le cose cambieranno, e verrà frutto dopo il fiore.
Cant0 XXVIII
Dopo che Beatrice gli ha rivelato il vero a vituperio del secolo, Dante si volge a guardare i, begli occhi di lei, e vi vede riflesso ciò che sempre appare ogni volta l’occhio s’affissa nel giro del cielo, cioè un punto straordinariamente luminoso, Leggi tutto
figura della Unità divina indivisibile. Intorno a questo punto si aggira un cerchio di fuoco con moto più veloce di quello deI Primo Mobile. Il cerchio a sua volta è circondato da un secondo, il secondo da un terzo, e così di seguito fino a nove. I cerchi digradando diventano sempre più lenti e meno fulgidi. Dante rimane cogitabondo e assorto nello spettacolo, e Beatrice lo imita a guardare il punto luminoso e il primo cerchio igneo, ch’è tanto veloce per I’ardentissimo amore che lo sprona. “Ma come mai, – rincalza il poeta, nel mondo sensibile si nota un ordine inverso? In fatti le sfere celesti sono tanto più divine, quanto più sono lontane dalla terra. E come mai l’esempio e l’esemplare non vanno a un modo?” “Nessuna meraviglia – risponde Beatrice – se tu di per te solo non sei da tanto da risolvere una questione così difficile; ascolta dunque la mia dottrina. Le sfere materiali sono ampie o strette secondo la maggiore o minor virtù che si distende per tutte le loro parti. Quanto maggior salute un corpo ha in sé tanto maggiore il bene ch’egli può esercitare di sotto ; e tanto più grande salute egli ha quanto più è grande. Epperò questo Primo Mobile che ha maggior virtù perché circoscrive tutto l’universo, corrisponde al più piccolo cerchio di fuoco a cui è comunicato più amore e più sapienza. Se dunque tu misuri i cerchi dalla loro virtù e non dalla loro grandezza, vedrai bene ristabilita la rispondenza fra i cieli e glj ordini : il più ampio al più perfetto, il più limitato al meno perfetto.” Il poeta sente il suo inteletto rasserenato dal lucido vero; indi vede tutti quei cerchi sfavillare d’innumere scintille, e sente di coro in coro cantare osanna intorno al Punto. Beatrice così gli svolge la teoria degli Angeli: “Nei primi cerchi stanno i Serafini e i Cherubini; si muovono con tanta , velocità per somigliarsi quanto più possono al Punto. Gli altri angeli del cerchio terzo sono i Troni, che tanto più si dilettano quanto più profonda è la loro visione di Dio. La beatitudine consegue dunque sempre alla visione; la visione è proporzionata al merito ; il merito è proporzionato alla grazia divina e alla buona volontà che con la grazia coopera. La seconda gerarchia, pur essa ternaria, che canta sempre Osanna in triplice melodia, abbraccia Dominazioni, Virtù e Potestà . Nei due penultimi cerchi stanno Principati e Arcangeli; l’ultimo è tutto di Ludi Angelici. Tutti questi cori mirano, in alto, verso il Punto, e in basso vincono gli uni gli altri”, tirando sempre a mirare il Punto. Dionisio già in terra seppe classificare e nominare questi cori angelici; Gregorio si staccò dalla dottrina di Dionisio, ma poi qui in cielo rise del suo errore. E se Dionisio potè invece essere nel vero, ciò gli fu discoperto per rivelazione da San Paolo.”
Cant0 XXX
Come in sull’avanzar dell’aurora dileguano a poco a poco le stelle, i nove cori angelici si spengono all’occhio di Dante. E questi, indotto daI non veder più nulla e dal solito impulso d’amore, torna cogli occhi a Beatrice. La bellezza della Donna Beata, in quest’ultimo cielo, trascende non solo l’intendimento dei mortali, ma si fa accessibile solamente al Signore; e il ricordo del dolce viso rende la memoria del poeta minore di sé medesima. Ora più che mai egli si sente incapace di tener dietro col carme a tanta perfezion; ed EIla, trasfigurata, gli annunzia che ormai sono giunti all’Empireo, al regno di luce, d’amore, di letizia, in cui siedono gli angeli e i beati: questi ultimi nelle imagini corporee. Come lampo che abbaglia, una luce viva risplende intorno agli occhi del Poeta, abbacinandoli; e Beatrice spiega ,che questo bagliore è il saluto con cui Dio accoglie qui le anime, per disporle alla più alta Visione. Infatti Dante sente la sua virtù visiva elevala a potenza superiore all’umano, e si raccende di vista novella, e vede una luce in forma di fiume che scorre fra due rive mirabilmente fiorite. Da questo fiume escono faville che si trasfondono nei fiori e poi si riprofondano nel gorgo. Beatrice induce il poeta a guardare nella mistica fiamma per fortificare meglio la , vista, e gli annuncia che i fenomeni ch’-egli qui può contemplare sono preludii della loro realtà. Dante senz’alcun indugio si china cogli occhi sulla limpida riviera, che in un baleno di lineare si fa rotonda; mentre i fiori e le faville si palesano nelle loro , vere essenze: i fiori si manifestano per i beati e le faville rivelano angioli. La riviera dienta un lago di luce- così ampio che supera la circonferenza del sole; e tutta la parvenza di questa luce deriva da un raggio del Sommo Bene che si riflette nel Primo Mobile, comunicandogli vita e ,-virtù. In più di mille gradini •i beati che sovrastano alla riviera vi si specchiano digradando a forma di rosa che s’allarga sempre più nelle ultime foglie. E la vista di Dante per legge divina non si smarrisce nell’immensa ampiezza; ma, oltre al tempo, oltre aIlo spazio, abbraccia in un istante la letizia infinita. Beatrice lo trae nel giallo dell’eterna rosa la quale digradando effonde il suo olezzo a Dio, che qui forma perpetua primavera; indi così gli parla:”Mira la radunanza dei beati in biancastola. Vedi com’è immenso il circuito della città celeste! Vedi come sono e quasi completii nostri scanni! Nel raggio che tu ora contempli per la corona che vi è posta sopra, sieder prima che tu stesso sia qui assunto, l’anima .di Arrigo VII imperatore, che discenderà in Italia in tempi non ancor maturi alla. monarchia universale. In quest’epoca sarà pontefice un tale, che userà con lui frode e inganno .. Ma Dio per poco lo tollererà nella sacra tiara; ed egli sarà inabissato nella fossa dei Simoniaci e farò precipitar più basso Bonifacio VIII che ve lo attende.
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Cant0 XXXI
Gli spiriti dei beati redenti da Cristo si disvelano al poeta come una candida rosa; e gli angeli gli appaiono in atto di volare ai beati come l’ape alla rosa, e di rivolare a Dio come l’ape al miele.Leggi tutto
Cant0 XXXIII
San Bernardo rivolge un’ardente laude alla Vergine. “O tu predestinata da Dio ab aeterno madre del divin Redentore, tu hai tanto nobilitato l’umana natura, che il Fattore non disdegnò di farsi figlio di donna. Leggi tutto
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
Per lo cui caldo nell’eterna pace
Cosi è germinato questo fiore.
“A noi beati tu sei fuoco ardente di carità; e ai mortali sei fonte viva di speranza. Da te viene ogni grazia; e il tuo soccorso precorre liberalmente alla domanda. In te s’accoglie misericordia, pietà, magnificenza e assoluta bontà. Or questo mistico pellegrino viene a te supplice per poter levarsi più alto cogli occhi verso I’Estrema Salute. E anch’io intercedo perché tu gli tolga tutti gli ostacoli che sorgono dai velami corporei e perché tu conservi ancor sani i moti della sua anima dopo l’alta visione divina. Con me ti pregano Beatrice ed altri spiriti beati.” – Gli occhi di Maria si fisano in San Bernardo a significare che il prego è stato ben accetto; poi si rivolgono, profondi e lucenti, a Dio. Dante, ormai presso alla meta, senza attendere il cenno di San Bernardo, fissa lo sguardo attraverso il raggio dell’Alta Luce. Cessata l’ineffabile visione, il poeta ancor ne sente la soavità; e invoca il Sommo Bene a prestargli tanta virtù da poter adombrar nel suo verso un po’ di quel fulgore e di quella gloria. Ben sicuro che staccando gli occhi dalla Divinità per volgerli altrove egli non avrebbe più potuto fissarli in essa, egli continua a mirare unicamente l’Alta Luce; e vi discopre tutto il miracolo della creazione, legato con vincolo d’amore; e vi trova sostanza e accidenti e loro proprietà e relazioni e principi formali. Egli vi discopre tre giri di egual misura ma di diverso colore, di cui due sembrano l’uno riflesso dall’altro, e il terzo, fuoco che spiri dai due primi. La sua lingua è inadeguata al concetto, e il concetto è inadeguato alla visione. Il secondo dei tre giri suaccennati gli appare dentro di sé dipinto dalla imagine umana; ond’ei vi concentra tutta la vista, quasi per voler comprendervi il mistero della incarnazione; ma esso è inaccessibile alla mente umana. ln questo mentre un fulgore divino gli percote gli occhi e gli rivela la verità. E qui la visione cessa; ma ormai gli affetti e la volontà del poeta sono conformi al Sommo Bene.
Estratti da Eugenio Levi, La Divina Commedia esposta al popolo, Sonzogno
Il luogo
Sulla sommità di un colle affacciato sulla Valle del Bût sorge uno dei simboli religiosi della Carnia: la Pieve Matrice di San Pietro che raccoglie storia dell’evangelizzazione e della presenza romana sulla via del Norico.
Informazioni pratiche:
Il luogo di incontro sarà il parcheggio prima della Pieve, a breve distanza. Ci troveremo lì circa 10′ prima dell’orario previsto.
In caso di maltempo, il luogo alternativo è “La Polse di Côugnes” a breve distanza dalla Pieve.
Come arrivare:
Zuglio si raggiunge facilmente: da Udine con autostrada A23: si esce a Carnia per poi prendere la SS52 in direzione Tolmezzo. Seguire poi le indicazioni per Arta Terme sulla SS52bis. Dopo la frazione di Cedarchis svoltare a sinistra sul ponte che porta a Zuglio, seguire le indicazioni per la Pieve prendendo via Fielis sulla destra.
Plus code:
F298+C6 Zuglio, Provincia di Udine
Nelle vicinanze:
Nelle immediate vicinanze della Pieve si trovano il complesso archeologico di Iulium Carnicum ed il Museo Civico Archeologico. Inoltre segnaliamo il Centro Polse di Côugnes, con il suo giardino dei semplici, la torre campanaria, la biblioteca, l’osservatorio.